martedì 11 gennaio 2011

ADOLESCENZA

Spunti teorici
sulla fas
e di sviluppo adolescenziale

Il termine “adolescenza” si riferisce, solitamente, ai processi psicologici che accompagnano la pubertà nella transizione tra infanzia e stato adulto (Arcidiacono, 2000).

L’adolescenza è l’età del cambiamento, un periodo dello sviluppo in cui l’individuo è protagonista di vere e proprie metamorfosi cognitive, somatiche e affettive. Tali mutamenti, se da un lato aprono le porte di nuove e affascinanti possibilità, dall’altro evocano sentimenti di paura e di perdita e possono essere vissuti con grande conflittualità. Stabilire cosa sia l’adolescenza e quali siano le sue caratteristiche peculiari varia in funzione di diversi fattori, quali, l’epoca storica, lo

status economico, il sesso, l’appartenenza socio-culturale, e dipende molto dalla lettura che ne viene data dai differenti modelli di comprensione (Nicolò, Zavattini, 1992).

Possiamo considerare quattro grandi cornici concettuali (Marcelli e Bracconnier, 1999): 1) il modello fisiologico, che dà importanza alle modificazioni puberali somatiche e neuroendocrine e alla maturità genitale; 2) il modello sociologico e ambientale, che valorizza il ruolo dell’ambiente circostante nell’evoluzione dell’adolescente e in particolare il rapporto con i genitori e il passaggio al gruppo dei coetanei; 3) il modello cognitivo, che riguarda il passaggio dal pensiero concreto alle operazioni formali, che permettono di ragionare per ipotesi, di acquisire la capacità di generalizzare e nello stesso tempo di considerare la relatività di ogni posizione e di distinguere il pensiero dalla realtà (Piaget, Inhelder, 1955); 4) il modello psicoanalitico in cui, seguendo l’impostazione data da Freud (1901; 1905), viene sottolineato l’accesso alla sessualità adulta, la subordinazione delle zone erogene al primato della zona genitale, la ricerca di nuovi oggetti sessuali fuori dalla famiglia e la ristrutturazione del mondo intrapsichico.

La letteratura psicoanalitica indica come compito fondamentale dell’adolescenza l’integrazione all’interno del sé di tutti i cambiamenti intervenuti durante la pubertà e in particolare il focus è centrato sull’abbandono delle imago parentali dell’infanzia, sulla loro ristrutturazione attraverso nuove esperienze relazionali (Ortu, 1992), e sul rimodellamento delle identificazioni e del senso di identità.

Tradizionalmente individuano due principali modelli interpretativi dello sviluppo adolescenziale all’ interno della trattazione psicoanalitica (Nicolò e Zavattini, 1992):

Modello cumulativo o transazionale. . L’adolescenza viene considerata una fase evolutiva in rapporto di continuità rispetto al passato. Blos, (1962, 1979) rappresentante significativo di questo modello, considera l’adolescenza come una seconda fase di separazone-individuazione, per cui per raggiungere la maturità dell’Io e amare oggetti esterni ed extrafamiliari, l’adolescente deve distaccarsi dagli oggetti infantili internalizzati. L’autore sottolinea che nell’adolescenza si ripresentano le tematiche edipiche e ne viene completata la risoluzione. Il modello di Blos è stato criticato da Marcelli e Bracconnier (1983) perché pone eccessivamente l’accento sull’aspetto adattivo e poco sulla conflittualità tipica della fase adolescenziale.

Modello rivoluzionista. L’adolescenza viene interpretata come momento di crisi (turmoil), sottolineandone le peculiarità e le differenze rispetto all’infanzia e all’età adulta. Tale impostazione è sostenuta da un numero più nutrito di autori. Anna Freud (1996) parla di adolescenza come “disturbo evolutivo” che interrompe la crescita pacifica.

I Laufer (1984) introducono il concetto di break-down evolutivo legato al rifiuto inconscio della propria maturità sessuale e alla paura di assoggettarsi in modo passivo alle esigenze corporee. Il rapporto con un corpo che si trasforma e che sfugge in parte al controllo viene vissuto dall’adolescente con angoscia e conflittualità e con sentimenti di lutto e perdita per quello infantile.

Erik Erikson (1968) considera l’adolescenza come un periodo di crisi di identità a cui l’individuo reagisce in base al modo in cui nel periodo infantile ha integrato i differenti elementi dell’identità stessa. Pone attenzione, più che alle dinamiche pulsionali, al processo di individuazione e alle identificazioni che permettono lo strutturarsi della personalità.

Edith Kestenberg (1980) mette in evidenza il rigetto delle identificazioni precedenti e parla della crisi adolescenziale come sconvolgente ma necessaria e fruttuosa in quanto permette la riorganizzazione dell’identità. Al modello rivoluzionista vengono rivolte due critiche: la prima proviene dagli studi condotti in campo psichiatrico e psicologico (Rutter, 1976; Offer, Sabhin, 1990), che mettono in discussione l’idea della crisi come universale e imprescindibile per un sano sviluppo della personalità; la seconda si riferisce al rischio di sottovalutare la distinzione tra gli aspetti normali e patologici.

De Vito e Muscetta (1996) mettono in evidenza che all’interno della teoria psicoanalitica prevale, nella descrizione del processo adolescenziale, il tema della conflittualità evolutiva (crisi) in una prospettiva psicosessuale e si privilegia il ruolo dei meccanismi di difesa contro le pulsioni e del disinvestimento degli oggetti infantili interiorizzati, dando scarso rilievo agli aspetti interpersonali e all’ambiente esterno. Nicolò e Zavattini(1992) tuttavia rilevano che, in seguito alla crisi del modello strutturale delle pulsioni, ad una visione pulsionale del funzionamento psichico adolescenziale, si contrappone un modello interpretativo che sottolinea l’importanza delle relazioni oggettuali, delle identificazioni strutturanti e la tematica del Sé. Proprio gli studi sullo sviluppo del Sé e sulle trasformazioni delle relazioni oggettuali durante l’adolescenza tendono ad integrare dati e concetti provenienti dalla ricerca sulla prima infanzia e dalle ricerche ispirate dalla teoria dell’attaccamento con quelli di derivazione psicoanalitica (De Vito e Muscetta; 1996), e sottolineano la necessità di elaborare una teoria che riesca a collegare i processi intrapsichici e i fenomeni interpersonali caratteristici di questa età (Bowlby, 1979; Sameroff, Emde, 1989; Nicolò, 1990; Norsa, Zavattini, 1992).

La teoria delle relazioni oggettuali e la teoria dell’attaccamento sostengono che lo sviluppo è un processo che continua per tutto il ciclo di vita e che si realizza attraverso processi interpersonali, non limitati alla coppia madre-bambino, ma inscritti in una rete sociale che comprende tutti i membri della famiglia. Successivamente anche i risultati delle ricerche della developmental psychology hanno confermato che lo stato interno di un individuo è regolato dal rapporto con gli altri.

In questi approcci teorici si ritiene che durante l’adolescenza il particolare compito di differenziazione e delineazione della propria identità, in seguito alle trasformazioni biologiche e psichiche, implichi una ridefinizione sia interna (processi intrapsichici) che esterna (processi interattivi) dei vecchi legami. Per Winnicot (1965) il sentimento di identità nasce e si sviluppa nell’esperienza relazionale con una madre “sufficientemente buona”e può essere definito come il sentimento di essere vivo, il senso di integrazione (continuità) e il senso di personalizzazione (rapporto psiche-soma).
L’idea del Sé come risultato dell’esperienza e dell’attività sociale è sostenuta anche da Duranti (1994), secondo il quale l’identità va vista come una creazione continua, come “oggetto di costruzione e ricostruzione narrativa, in cui gli scambi con gli altri significativi e il contesto culturale e relazionale in cui avvengono giocano un ruolo determinante in una prospettiva di interdipendenza”.
L’integrazione nella personalità delle mutate caratteristiche fisiche, cognitive e affettive viene, quindi, legata al contesto sociale e storico-culturale in cui il soggetto è inserito e collegata alla processualità dello sviluppo nel il ciclo vitale. “Attraverso le nuove esperienze relazionali sia con la famiglia che con l’ambiente esterno, lo sviluppo adolescenziale attiva una forte spinta evolutiva che può accentuare o modificare tratti del carattere e strategie relazionali” (Ortu, De Coro et al., 1992). Sia la teoria dell’attaccamento che la teoria delle relazioni oggettuali tendono a sottolineare la stabilità più che la discontinuità dell’organizzazione della personalità nel corso dello sviluppo. Pur riconoscendo che i cambiamenti che si verificano in adolescenza permettono una revisione dei modelli operativi interni, tenendo conto dei risultati della ricerca, viene sottolineata la sostanziale continuità dell’organizzazione dell’attaccamento in questa fase della vita.

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