Psicodiagnosi e Valutazione Psicologica



La psicodiagnostica è la disciplina che si occupa della valutazione e della diagnostica psicologica, personologica e psicopatologica, attraverso l'uso di un repertorio integrato di questionari, inventari di personalità, batterie e tecniche testistiche, colloqui clinici, esami neuropsicologici e valutazioni osservative.

L’applicazione dei concetti psicodiagnostici aumenta le possibilità del cliente di essere aiutato.

Gli strumenti di cui si avvale e i criteri di organizzazione che la guidano sono scelti dall’esperto in base alla domanda che ha motivato la richiesta di diagnosi, al contesto e allo scopo della valutazione, all'età ed al tipo di difficoltà dei soggetti valutati, all'orientamento teorico e alla formazione specialistica del valutatore.
In generale gli strumenti sono costituiti dal colloquio e dalla somministrazione di reattivi psicologici (l'uso di una batteria di test ci permette di confermare o meno le impressioni e le ipotesi diagnostiche nate dalle riflessioni del clinico o del valutatore durante il colloquio.)
La diagnosi ha come obiettivo la valutazione globale della personalità di un soggetto di cui si stimano l’assetto cognitivo, la struttura di personalità, la gestione delle emozioni e l’utilizzo delle difese.
Proponendo una definizione generale del concetto di diagnosi potremmo dire che “la diagnosi è l’organizzazione critica dei dati osservati ed evocati allo scopo di prendere una decisione”
Decisione che per altro è strettamente connessa alle motivazioni da cui nasce la richiesta, agli scopi che persegue e con le attività a cui prelude (1998 C. Saraceni, G. Montesarchio)
Pertanto il diagnostico organizza criticamente i dati raccolti e decide in modi differenti in base allo specifico problema e al contesto: forense, orientamento scolastico, gestione delle risorse umane, clinico-psicoterapeutico.

Il processo diagnostico è una presa di decisione e scelta tra alternative.
Attraverso la diagnosi psicologica possiamo rilevare e identificare la presenza di “parti malate” o disfunzionali che hanno a che fare con l'individuazione di una patologia, possiamo differenziare quest'ultima da un'altra patologia e ipotizzarne l'eziologia.
Possiamo soprattutto osservare e identificare “le parti sane”, gli aspetti funzionali della personalità, il rapporto tra parti malate e parti sane, al fine di avere un quadro più completo e complesso della situazione che stiamo valutando. 
In tal senso la diagnosi diviene strumento idoneo a rilevare risorse e punti di forza della personalità e  a risolvere l'enigma della terapia  (1998, C. Saraceni, G. Montesarchio) prevedendo altresì una prognosi.
Difatti compito principale dello psicologo impegnato in un processo psicodiagnostico risiede essenzialmente nella ricerca e nella valorizzazione delle parti sane che possono essere mobilitate per esempio in una terapia: si ricerca e si valuta l’ idoneità del paziente ad un determinato percorso terapeutico piuttosto che un altro; e inoltre, una volta indicato il percorso più adatto, si individua la strategia terapeutica più efficace per quella persona in particolare. 
Il criterio guida è la specificità intesa come convergenza tra l'indicazione tratta dalla psicopatologia  con la stima dell'idoneità del paziente ad affrontare e a portare a termine quella specifica terapia  (1998, C. Saraceni, G. Montesarchio).
In sintesi la diagnosi psicologica trae fondamento dalla capacità dello psicologo di procedere ad operazioni di misura mentale ed è pertanto psicometrica; si configura come la stima delle parti sane che possono essere sollecitate e mobilitate specificamente in una determinata psicoterapia; essa si configura spesso con la proposta di un programma terapeutico; ed è guidata dal principio della fattibilità del trattamento.
In conclusione la fase psicodiagnostica coincide spesso con la fase d’avvio del lavoro clinico.
Se infatti si ritiene che la diagnosi psicologica sia una presa di decisione in ordine ad una psicoterapia allora il tempo della diagnosi acquista connotazioni precise di senso e in termini temporali (circa 5 incontri iniziali). 
Nel tempo della diagnosi il paziente comprende che il lavoro psicologico è “ricerca su se stessi”, che può condividere esperienze non necessariamente collegate alla malattia e può iniziare a percepire qualche piccola modificazione dei  suoi problemi che sono collegati al contesto-tempo della diagnosi stessa. 
Pertanto è per tutti questi valori aggiunti che il tempo della diagnosi si rende prezioso e necessario e non solo ha un ruolo importante in fasi iniziali di trattamento ma anche in molte delle fasi successive del lavoro clinico, sia come valutazioni in itinere, che come valutazione finale o follow-up nel periodo posteriore alla conclusione della presa in carico.