martedì 25 gennaio 2011

“La Tv non fa sudare…"

Riflessioni sull’elettrodomestico che faceva da baby sitter.

Seconda Parte



(Qui di seguito la seconda parte di un mio contributo già pubblicato con l'Associazione Tutti Per Volta )

Molti esperti suppongono che una conseguenza del rapporto precoce, prolungato e solitario tra TV e infanzia sia che i minori sono sottoposti ad una terza educazione rispetto a quella familiare e scolastica, quella della tv (Arcuri, 2008).

I programmi televisivi sono vari e non esclusivamente educativi. La TV rappresenta un enorme palcoscenico in cui vengono presentati e rappresentati avvenimenti veri, reali (ad es. cronaca, notizie dal mondo, eventi sportivi o musicali…); storie di personaggi immaginari ma credibili, verosimili (serie tv per es. sui medici e carabinieri…); vicende di protagonisti inverosimili e paradossali (cani o uccelli che parlano come esseri umani...) (Arcuri, 2008).

La comunicazione con lo schermo è univoca: la tv non ci risponde, non ci accarezza né ci viene in soccorso, non ascolta e non interagisce fisicamente con noi. La televisione ci stimola ma non lascia spazio allo scambio. Scambio interattivo, bidirezionale e attivo che è fondamentale in un’età in cui manipolare e agire, sfrenarsi, sporcarsi, sudare, stancarsi sono fondamentali per lo sviluppo del pensiero, delle emozioni e del corpo.

Il linguaggio televisivo, specie quello dei cartoni animati e della pubblicità, cattura l'attenzione dei bambini, stimola il sistema sensoriale-percettivo tanto da produrre il fenomeno della attentional inertia (Falcinelli, 2003): si rimane attaccati al video, anche se è caduto l'interesse per il contenuto della trasmissione e più a lungo si guarda il teleschermo, maggiore è la probabilità che si continui a farlo.
Più i bambini sono piccoli più risultano disarmati davanti al teleschermo: ne vengono catturati.

Studi e ricerche confermano che la fruizione di più di due ore al giorno di televisione, in età infantile, può provocare problemi di attenzione (facilità alla distrazione e difficoltà nella concentrazione) in età scolare o al più tardi in adolescenza.
Troppa televisione fin da piccoli, a scapito di altre esperienze che stimolano la concentrazione, come la lettura, i giochi e lo sport, può favorire l’abitudine a captare una serie di messaggi prefabbricati, dove l'apporto dello spettatore è minimo. Il pericolo è che i bambini sviluppino un'attitudine passiva di fronte al video, possono diventare degli ottimi spettatori, farsi anche delle opinioni, però non si abituano a prendere delle iniziative e/o a riflettere (Oliviero Ferrarsi, 1995).

Il rapido alternarsi delle scene sovra-stimola il cervello dei bambini ma non lascia tempo alla riflessione, favorendo la percezione della realtà come "noiosa“ e contribuendo a rendere i bambini stessi maggiormente intolleranti nei confronti di attività ordinarie, come ad esempio i compiti.

Nei programmi televisivi rivolti ai bambini inoltre ogni finale rappresenta una gratificazione dal punto di vista psicologico (Oliviero Ferraris, 1995) rischiando di favorire lo sviluppo da parte dei bimbi di un'attitudine del "voglio tutto e subito". Questa attitudine è spesso poco coerente con la realtà vera che prevede l’attesa o anche i “non è possibile”. E’ importante aiutare i bambini a sopportare la frustrazione e insegnare loro la dilazione della gratificazione.

Per ciò che riguarda lo sviluppo socio-emotivo sappiamo che più il bambino è piccolo più potrebbe affezionarsi alla tv e ai suoi programmi. Se per il bambino la tv diventa una specie di baby-sitter, un’alternativa quasi esclusiva al gioco sia solitario che in compagnia o addirittura un modo abituale per riempire il vuoto di relazioni affettive, questo ha delle ricadute negative sulla costruzione delle sue competenze emotive e relazionali. Il bambino impegnato a guardare la televisione non è infatti protagonista attivo, non è chiamato a interagire esercitando il suo spirito di iniziativa, a pensare, a riflettere creativamente sui problemi per trovare soluzioni, a riconoscere e a comunicare stati emotivi: è coinvolto solo come spettatore che può coinvolgersi e identificarsi ma null’altro.

Le conseguenze sono che la solitudine può aumentare, possono risultare impoveriti e meno motivanti i contatti sociali “reali” e può svilupparsi una maggiore tendenza alla passività all’interno delle relazioni o una maggiore propensione ad assumere atteggiamenti appresi in TV.
Michael Rich (Direttore del Center on Media and Child Health al Children’s Hospital di Boston, che da anni si occupa degli effetti dell’esposizione dei bambini ai media), spiega che “il cervello di bambini piccoli (prima dell’ anno di età) non è ancora in grado di decodificare le immagini che vengono trasmesse in video. Ciò di cui hanno più bisogno per lo sviluppo del proprio cervello è l’interazione con altri esseri umani e il rapporto fisico, tattile con l’ambiente che li circonda.”

Il bambino cresce e sviluppa se stesso e le sue competenze grazie alla presenza di altri esseri umani che interagiscono con lui, con calore e affetto. E’ attraverso questi scambi comunicativi e affettivi che si stabilisce un legame di attaccamento che è alla base del senso di sicurezza personale che permette di esplorare il mondo, di socializzare, di affrontare paure e dolori, di prendere iniziative, di sviluppare fiducia in sé e nell’altro, di costruire autonomia.

Per ciò che riguarda l’età ci sembra importante quindi sottolineare che un bambino fino ai 2-3 anni non è in grado di differenziare con correttezza realtà e fantasia. Se il bambino è lasciato per molto tempo solo davanti alla televisione e non ha nessuno con cui sdrammatizzare, rielaborare scene violente o immagini emotivamente “forti”, capire che non sono reali, può provare ansia, paura e avere incubi notturni.
Un bambino di 4 o 5 anni incomincia a capire la differenza tra vero e falso ma non differenzia tra vero e verosimile né tra generi (per es. tra programmi per adulti e per bambini).

Inoltre i tempi di attenzione non sono molto lunghi per cui potrebbe non essere in grado di seguire il filo conduttore, la trama di una vicenda, e quindi non collegare il finale moralistico della storia con il resto.

Le motivazioni con cui i bambini guardano la televisione sono completamente diverse dalle motivazioni con cui lo fanno gli adulti.
Come in tempi passati i bimbi guardavano genitori e fratelli per capire come funziona il mondo, per farsene un’immagine, per capire e apprendere come comportarsi, ora lo fanno guardando anche la televisione.

I bambini ma in realtà ognuno di noi si sviluppa e si struttura soprattutto attraverso i contatti sociali e la comunicazione con le altre persone, apprendendo e scegliendo valori, atteggiamenti e comportamenti.
La tv, come altri mezzi di comunicazione di massa, fa parte della nostra vita e di quella dei nostri figli ma non può sostituire il rapporto con i genitori e /o altri significativi.

Alla luce di queste ultime affermazioni si rende inevitabile una nostra partecipazione e mediazione consapevole e responsabile nel rapporto tra tv e infanzia visto che non è la presenza del mezzo ad essere nociva ma il possibile utilizzo che di essa viene fatto.
In questo compito siamo coinvolti tutti e in particolare le principali agenzie educative e di socializzazione: famiglia, scuola, mass media e non ultime le istituzioni.

Dall'indirizzo: http://www.tuttipervolta.org/articoli/index.php

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