martedì 26 settembre 2017

L'intervento psicologico nell'esperienza del lutto perinatale



La perdita di un figlio o di una figlia desiderati durante la gravidanza, alla nascita o subito dopo il parto, è un’esperienza drammatica.

Una situazione traumatica che interrompe in modo brusco il progetto e il processo di genitorialità e il legame di attaccamento in costruzione tra i genitori e i figli attesi, comportando uno shock emotivo intenso e un profondo e fisiologico vissuto di lutto.
La morte perinatale per aborto precoce, per morte endouterina e neonatale è un evento non raro o irrilevante dal punto di vista statistico: in Italia (Istat 2013) l’incidenza di morte intrauterina è di 3,5 su 1000 bambini nati vivi, per un totale di circa 2000 casi. Le perdite della prima metà della gravidanza sono invece quasi 200.000 (incluse quelle per interruzione terapeutica di gravidanza).
Nella nostra cultura tuttavia il lutto perinatale è un tabù, ignorato dalla società, poco conosciuto e non completamente compreso dai professionisti dalla salute compresi psicologi e psicoterapeuti. Eppure nel mondo si stima che 4,2 milioni di donne convivono con una depressione successiva alla morte in utero[1] e che anche sui curanti si manifestano effetti psico-emotivi come rabbiatristezzaimpotenzacolpapaura per controversie legali o richiami disciplinari, rischi aumentati di burn-out[2].
Nel sentire comune domina il pregiudizio che la perdita per morti endouterine o avvenute precocemente nei giorni o mesi successivi alla nascita dovrebbe essere archiviata in fretta e compensata velocemente con un’altra gravidanza. E troppo spesso il coinvolgimento affettivo dei genitori in attesa in quella specifica esperienza e con quel particolare figlio o figlia e il lutto stesso vengono scotomizzati e rimossi......continua a leggere cliccando QUI