giovedì 13 gennaio 2011

La psicoanalisi dalla pulsione all'importanza della relazione: cenni sulla Teoria delle Relazioni Oggettuali

Le teorie a cui faccio riferimento nella mia attività clinica nascono all'interno della psicoanalisi  ma riguardano gli sviluppi più recenti in senso relazionale della psicoanalisi stessa come ad esempio i modelli teorici delle relazioni oggettuali.
Di seguito ho cercato di sintetizzare e descrivere brevemente alcune differenze di base tra la visione dell'uomo e della vita da parte della psicoanalisi classica e di tali teorie relazionali.
Ho tentato di snellire il discorso e semplificarlo utilizzando pochi termini tecnici.
Buona lettura.


La Teoria delle Relazioni Oggettuali ha rappresentato uno dei principali punti di apertura anti-dogmatica e di rinnovamento nell’evoluzione del pensiero psicoanalitico, determinando, insieme alla Teoria dell’Attaccamento, il più importante spunto di revisione rispetto ai postulati freudiani (Jervis, 1996).
A partire dagli anni ’40 si è assistito ad uno spostamento dell' interesse verso le dimensioni relazionali della vita che portò a sostituire il modello pulsionale con una struttura concettuale fondamentalmente differente in cui le relazioni con gli altri costituiscono gli elementi strutturanti della vita mentale e le forze motivanti il comportamento umano.
Le relazioni oggettuali si riferiscono, nel senso più ampio del termine, alle interazioni degli individui con altre persone esterne e interne (reali e immaginarie), e alla relazione tra i loro mondi oggettuali esterni e interni.  

 Nel modello di Freud la pulsione è il concetto esplicativo di tutti i fenomeni psichici ed è concepita: a) come energia priva di direzione, orientata esclusivamente alla scarica; b) come il rappresentante psichico dei bisogni istintuali che esigono soddisfazione immediata; c) come principale forza motivante del comportamento umano.
La visione “asociale” dell’uomo, come organismo isolato che cerca gli altri per “scaricare” le sue energie pulsionali, privilegia un punto di vista intrapsichico più che intersoggettivo perché ritiene che la mente sia costituita essenzialmente da impulsi. Le relazioni con gli altri sono relegate in una posizione secondaria e l’altro è l’elemento più variabile della pulsione: “non è originariamente collegato ad essa, ma le è assegnato soltanto in forza della sua proprietà di rendere possibile il soddisfacimento” (Freud, 1915).

Dagli anni ’40 si è assistito ad una graduale ma crescente importanza data ad un modello di spiegazione centrato sul concetto di relazione oggettuale, la cui elaborazione è legata principalmente al dibattito nella Società Psicoanalitica Britannica e in particolare ai contributi della Klein, di Fairbairn e di Winnicott.
Le teorie delle relazioni oggettuali si incentrano sullo studio delle relazioni tra persone esterne reali e immagini interne e interiorizzate di relazioni e sul significato che tali immagini acquisiscono nel funzionamento psichico.

La formulazione più radicale della teoria delle relazioni oggettuali è senza dubbio quella di Ronald Fairbairn, che propone di abbandonare definitivamente il concetto di libido: la motivazione di base è la ricerca di relazione più che di piacere e il bambino è orientato fin dalla nascita ad entrare in relazione con gli altri. 
Il piacere diventa il mezzo per raggiungere e per mantenere tale relazione con gli altri. Per Fairbairn, le relazioni sono primarie e rappresentano elementi strutturanti della vita mentale e la principale motivazione del comportamento umano. 
L’autore considera la relazione con la madre reale l’elemento centrale dello sviluppo normale e patologico.

Con gli scritti di Donald Winnicott l’attenzione si sposta, in modo decisivo, alla relazione: nei primi anni di vita, il bambino esiste solo all’interno della relazione con una madre che si prenda cura di lui e pertanto, l’unità di studio della psicoanalisi, non può essere l’individuo singolo, ma diventa sempre più, la matrice relazionale costituita dall’individuo stesso in relazione con altri significativi.  

Nel modello strutturale delle relazioni oggettuali la concezione relazionale della mente sostituisce la concezione monadica elaborata da Freud, e viene spiegata dalla tendenza del soggetto, fin dalle prime fasi dello sviluppo, a costruire e interiorizzare le relazioni. Secondo questo approccio, lo sviluppo si realizza, non solo per processi maturativi ma soprattutto per processi interpersonali poiché il formarsi delle funzioni psichiche dipende dalla qualità dell’incontro intersoggettivo (Zavattini,1999).

Attualmente la teoria e la ricerca psicoanalitica si focalizzano sulle complesse interazioni tra le prime relazioni interpersonali e le modalità con cui queste portano alla formazione delle strutture intrapsichiche, i modelli operativi interni,  concepite in termini di interiorizzazioni di relazioni con gli altri (Zavattini, 2002). 
L’incontro con gli studi empirici promossi dalla teoria dell’attaccamento e dalla psicologia dello sviluppo, hanno contribuito ad una riformulazione, in termini dinamici ed evolutivi, del concetto di relazione oggettuale, descrivendone le caratteristiche sia affettive che cognitive e il loro contributo alla stabilità delle relazioni in quanto guida del comportamento nella ri-creazione dei modelli di relazione.





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